Ogni quattro anni c’è un appuntamento fisso, sono i Giochi olimpici, quelli estivi. Un appuntamento seguitissimo con una grossa partecipazione. Tanti sport, tanti atleti, da tutte le parti del mondo. Però ormai da decenni esiste un altro grande appuntamento agonistico ispirato ai valori olimpici: i Giochi Paralimpici. Si diputano dal 1960, ma di questo evento in realtà la maggioranza delle persone, anche quelle appassionate di sport, spesso sanno ben poco. Ad ogni modo, le Paraolimpiadi registrano una partecipazione sempre più grande, con una grande forza di volontà degli atleti e grandi risultati. Però rimangono nell’ombra. Questa è la loro storia, e in primis la storia degli atleti dalmati che negli anni hanno portato tante medaglie in svariati sport, alcuni del tutto sconosciuti ai più.
La storia
La storia dei Giochi Paralimpici e del Movimento Paralimpico è legata al nome del neurologo tedesco Ludwig Guttmann. Figlio di un ristoratore ebreo, era considerato uno dei migliori neurochirurghi della Germania. Tuttavia, nel 1939, dopo l’inizio della persecuzione degli ebrei, Guttmann fuggì in Inghilterra con la moglie e i loro due figli. Cinque anni dopo, allo Stoke Mandeville Hospital, fondò lo Spinal Cord Injury Center e rivoluzionò il trattamento della paralisi cerebrale. Capì subito quanto fosse importante l’attività fisica per le persone con disabilità. L’attività fisica aiuta, infatti, a rafforzare il sistema immunitario e il senso di fiducia in sé stessi. Pertanto, il 28 luglio 1948, nel giorno d’apertura dei Giochi Olimpici di Londra, organizzò i primi incontri sportivi in cui si sfidavano le squadre composte dai pazienti del suo ospedale e da quelli ricoverati allo Star e Giarrettiera, che ospitava veterani di Richmond (Londra). Nel prato, di fronte allo Stoke Mandeville Hospital, 16 concorrenti in sedia a rotelle si sfidarono nel tiro con l’arco. L’entusiasmo di Guttmann si diffuse e gradualmente vennero introdotti anche altri sport: atletica leggera, basket in carrozzina, scherma, biliardo, tennis da tavolo e nuoto. Quando il colonnello JS Keyser, direttore medico del Centro di riabilitazione militare di Doom (Paesi Bassi), inviò quattro veterani di guerra, paraplegici olandesi, a partecipare alla manifestazione sportiva lanciata da Guttmann questa divenne internazionale; era il 1952. Negli anni successivi il numero dei partecipanti aumentò costantemente e gli organizzatori iniziarono a porsi la questione su come assicurare spazi adatti allo svolgimento delle gare e all’alloggio dei partecipanti e più in generale sulle modalità di finanziamento della manifestazione. Nel maggio del 1957, su iniziativa della World Veterans Association, si tenne a Parigi il primo incontro di esperti di sport per persone con disabilità, dove tutti concordarono che era giunto il momento d’armonizzare le regole sportive internazionali per le persone con lesioni al midollo spinale.
Il contributo italiano
L’anno successivo Guttmann discusse con Antonio Maglio, direttore del Centro Spinale dell’Istituto Italiano (INAIL), la possibilità di organizzare gli Stoke Mandeville Games del 1960 a Roma, città scelta dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) per ospitare i Giochi Olimpici in calendario quell’anno. L’idea fu sostenuta dalle autorità italiane. Fu stabilito che gli Stoke Mandeville Games si sarebbero disputati nella Città Eterna lo stesso anno delle Olimpiadi. Nel luglio 1959 fu costituita una struttura organizzativa denominata Comitato Internazionale dei Giochi di Stoke Mandeville. Era composto da cinque membri: il Regno Unito come membro permanente, l’Italia nella sua veste di Paese ospitante, Paesi Bassi, Belgio e Francia. La presidenza di questo organismo venne affidata a Guttmann, e il ruolo di segretario generale a Joan Scrutone.
Agli Stoke Manddeville Games di Roma presero parte 400 atleti provenienti da 23 nazioni e furono i primi a potersi fregiare dell’appellativo di Giochi Paralimpici (POI). Tutti erano affetti da lesioni spinali, proprio come i partecipanti a quelli organizzati quattro anni dopo in Giappone – nuovamente in Concomitanza ai Giochi Olimpici –, a Tel Aviv nel 1968 e a Heidelberg nel 1972. Persone con amputazioni e atleti ciechi e ipovedenti gareggiarono per la prima volta ai Giochi del 1976 a Toronto. Nel 1980 ai Giochi di Arnhem nel 1980 parteciparono pure atleti con paralisi cerebrale. Gli atleti con disabilità intellettiva sono stati inclusi nei Giochi Paralimpici di Atlanta nel 1996.
I primi POI invernali si svolsero nel 1976 a Oernskoeldsvik, in Svezia, e videro la partecipazione di 250 atleti provenienti da 17 Paesi. Dai POI estivi a Seoul nel 1988 e dai POI invernali a Tignes-Alberville nel 1992, i Giochi Paralimpici si svolgono sempre nello stesso luogo dei Giochi Olimpici. Oggi, i POI sono il più grande evento sportivo per atleti di cinque diversi gruppi di disabilità e mirano a evidenziare i risultati atletici, non la disabilità. Il movimento è cresciuto notevolmente sin dai suoi primi giorni: da 400 atleti di 23 Paesi a Roma a 4.400 atleti di 162 Paesi a Tokio 2020.
Prime medaglie per Croazia e Slovenia
Ludwig Guttmann, il fondatore del movimento paralimpico, tentò di persuadere la Germania a ospitare i POI a Monaco nel 1972, ma non vi riuscì (soltanto a partire da Seul nel 1988 i POI si sono svolti sempre nella stessa città delle Olimpiadi). Nel 1972 i POI furono disputati a Heidelberg, sede dell’Institute of Physical Training. A quell’edizione presero parte oltre 1.000 atleti provenienti da 41 Paesi. Lo slogan di quell’edizione dei Giochi fu “Mille concorrenti, mille vincitori”. I tetraplegici si esibirono per la prima volta e i Giochi in questa città tedesca furono caratterizzati da una ricchezza di attività sociali e culturali, che fino ad allora non era consuetudine. Gli atleti dell’ex Jugoslavia gareggiarono per la prima volta a proprio a Heidelberg. In Germania vinsero quattro medaglie. La slovena Pavla Sitar ottenne l’oro sulla sedia a rotelle dei 60 metri, lo sloveno Jože Okoren il bronzo nel lancio del disco e la paralimpica croata Milka Milinković l’argento nella sedia a rotelle da 60 metri e il bronzo nel lancio del giavellotto. Questi furono i primi POI dell’“eroina paralimpica croata”, che negli anni successivi si esibì in altre otto edizioni dei Giochi Paralimpici.
La politica s’interessa ai POI
Quattro anni dopo, i migliori atleti con disabilità si riunirono a Toronto. A quell’edizione dei POI parteciparono 1.600 atleti in rappresentanza di 38 Paesi. Furono i primi Giochi Paralimpici a finire sotto la luce dei riflettori. Ciò avvenne a causa della partecipazione della Repubblica del Sudafrica, dove all’epoca era in vigore la politica di segregazione razziale (apartheid). Alcuni Paesi, tra cui l’ex Jugoslavia, boicottarono i Giochi. A Toronto non c’era un Villaggio Olimpico e gli atleti dimorarono nei Campus universitari. Fu questa l’edizione nella quale ai Giochi debuttarono gli atleti con amputazioni e quelli ipovedenti.
La scomparsa di Guttmann
Il fondatore del movimento paraolimpico, Guttmann morì nel 1980, l’anno quando i Giochi furono ospitati ad Arnhem in Olanda. A quell’edizione dei POI parteciparono 1.973 atleti in rappresentanza di 42 Paesi (la Repubblica del Sudafrica venne esclusa). A quell’edizione dei Giochi parteciparono per la prima volta gli atleti con paralisi cerebrale. Nei Paesi Bassi Milka Milinković vinse altre due medaglie: bronzo nel giavellotto e nel lancio del peso. Ad Arnhem debbutò ai POI Roko Mikelin Opara, vincendo ben quattro medaglie nel nuoto (tre d’argento – 50 m stile libero, 50 m dorso, 3 x 50 m misto – e una di bronzo 50 m rana). Troviamo sul podio anche Ivica Lazić, Milan Košić e Branko Sorko che conquistarono la medaglia di bronzo nei sedili. È interessante notare che tutte e quattro le discipline in cui Roko salì sul podio, fuorno vinte dal polacco Andrzej Wojciechowski, che tutte le volte stabilì un nuovo record mondiale.
La prima stella dalmata
Roko Mikelin Opara nacque il 23 settembre del 1960 a Sebenico. Nel 1972 si trasferì a Primošten (Capocesto). Quello stesso anno rimase ferito in seguito alla deflagrazione di alcuni residuati bellici risalenti alla Seconda guerra mondiale. Perse il pugno e gli fu amputata la coscia sinistra. Sebbene fosse ancora un bambino, Roko era consapevole che quell’episodio avrebbe segnato per lui un nuovo inizio. Come affermò lui stesso in seguito, il periodo di riabilitazione trascorso a Lubiana contribuì a cambiare la sua visione della vita. Fu proprio a Lubiana che uno dei medici che lo avevano in cura gli suggerì di dedicarsi al nuoto. Trasferitosi a Zagabria conobbe Zvonko Hackemberg (professore di educazione fisica), che riconobbe il suo talento innato per il nuoto. Dal 1974 al 1976 i due lavorarono insieme quasi tutti i giorni. Nel 1976, Roko gareggiò per la prima volta, piazzandosi due volte quinto e una volta settimo alle gare alle quali paretecipù ai campionati di nuoto di Zagabria. Questi risultati spronarono Roko a proseguire gli allenamenti con ancora più grinta. La piscina del Centro Dubrava (Zagabria) prima e poi la vasca di via Daničić divennero per lui quasi una seconda casa. Nel 1978 si qualificò per la prima volta ai Campionati jugoslavi, riuscendo subito a salire sul podio. Vinse tre medaglie d’oro (50 e 100 metri stile libero e 100 metri dorso), oltre a una medaglia d’argento nei 100 metri rana. Questi risultati gli valsero la convocazione nella selezione jugoslava e la partecipazione ai Mondiali di Wroclaw. In Polonia Roko s’aggiudicò il titolo iridato nei 100 metri stile libero e due medaglie di bronzo. Una nei 50 metri rana e l’altra nei 50 metri farfalla. Nel 1980 entrò a far parte dell’Associazione Sportiva per Disabili “Hrabri” e venne affiancato per la prima volta da un allenatore di professione, Ivan Varvodić, che trascorse con lui due cicli olimpici. Come detto in precedenza Roko debuttò ai POI ad Arnhem, conquistando tre argenti (100 metri stile libero, 100 metri dorso e 3 x 50 metri misti). In Olanda si aggiudicò anche il bronzo nei 100 metri rana. All’edizione successiva, tenutisi nel 1984 a New York e Stoke Mandeville, Roko vinse una medaglia d’oro nella staffetta mista 4 x 50 metri e due medaglie di bronzo (100 metri dorso e 100 metri stile libero).
Il 1987 è considerato l’anno nel quale raggiunse l’apice della sua carriera agonistica. Ai Mondiali di Parigi vinse i 50 metri farfalla, stabilendo il record del mondo, rimasto imbattuto per i successivi quattro anni. L’anno successivo, nel 1988, partecipò ai Giochi Paralimpici di Seoul. In Corea conquistò un’altra medaglia di bronzo, nei 100 metri dorso. Gareggiò pure alle Paralimpiadi di Barcellona del 1992, per la prima volta sotto la bandiera croata, ottenendo due quinti e un settimo posto. La sua ultima apparizione ai POI risale al 1996, quando i Giochi si disputarono ad Atlanta, raggiungendo due finali B.
Un palmares invidiabile
In totale Roko Mikelin Opara ha partecipato a cinque Giochi Paralimpici, tre Campionati mondiali e sei Europei, 15 rally di nuoto e innumerevoli campionati aperti. Nella sua carriera di nuotatore ha vinto oltre 450 medaglie. È stato campione nazionale 29 volte, conquistando 27 volte il secondo posto e in 31 occasioni il terzo posto. È stato campione europeo nei 50 m farfalla nel 1982 e nel 1987. Agli Europei del 1987 ha vinto l’argento nei 50 m dorso, nei 100 m stile libero e nei 50 m rana. Dopo il nuoto, si è dedicato alla pallavolo in carozzina e ha difeso con successo i colori della nazionale croata, vincendo anche numerose medaglie. È stato insignito dell’Ordine della Danica Croata con la figura di Franjo Bučar e nel 2013 ha ricevuto il più alto Premio di Stato per lo Sport “Franjo Bučar”.
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Pubblicato sull'inserto Inpiù Dalmazia del La voce del popolo il 9 maggio 2022.